Bambini asiatici
Bambini come questi cinesi, giapponesi, thailandesi, vietnamiti, gli asiatici in breve, così seri, già ometti e brave bambinaie, se ne incontrano pochi in Europa. Piccolissimi e già con la sorellina o il fratellino legato dietro il dorso o a fare le compere, a portare giornali, a saettare veloci nell’attraversare una strada, pensosi come grandi, bambini poveri o di classi agiate, popolano le strade dell’oriente con molta maggiore frequenza che da noi.
In Asia solo il Giappone è una Nazione industrializzata, solo qui infatti i bambini godono di tutte le premure e preoccupazione come in occidente.
Parchi per giocare, bambinaie per accudirli, lontani dai pericoli della strada.
In un negozio di dischi a Ginza, il quartiere europeo di Tokyo, tutta la famiglia è china a spiare l’effetto di alcuni dischi che un commesso di volta in volta mette sul giradischi. L’ascoltatore, cui la musica è destinata, è un batuffoletto di qualche anno appena. Infine, la famiglia sceglie un disco che pare averlo impressionato più di qualunque altro. Quando escono il bambino fa un profondo inchino ad una grossa bambola di gomma che è sull’uscio.
Appena in età di frequentare l’asilo i bambini in Giappone indossano un uniforme, quella dello studente che è uguale fino alla laurea universitaria.
Ad Hong Kong invece i bambini cinesi sono nelle strade affollate come una volta per i vicoli di Napoli gli scugnizzi napoletani. A volte hanno volti pensosi di grandi e come a Napoli cominciano ad arrangiarsi dalla più tenera età. Difficile distinguere in questi paesi dove finisce l’infanzia e inizia la pubertà. Solo un occhio esperto riesce a distinguere l’età di un cinese o di un giapponese. Quemoi, l’isola tonante della Cina Nazionalista, i bambini che vediamo nella scuola già indossano una divisa come se fossero per doverosa fatalità destinati alla guerra.
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da un testo originale di Nicola Sansone
